La digitalizzazione del
sistema sale italiano. Una missione impossibile?
Dei quattromila schermi esistenti in Italia,
ubicati in oltre duemila strutture, risultano digitalizzate alla fine
di agosto poco più di cinquecento strutture per un totale di circa
settecentocinquanta schermi. A questi bisogna aggiungere un’altra ottantina
di sale con proiettori 1.3k.
Il sistema sale italiano può essere segmentato in due tipologie
di esercizio: sale tradizionali con non più di 4-5 schermi capillarmente
diffuse sul territorio in oltre 1.800 insediamenti ubicati soprattutto
nei centri urbani delle piccole e grandi città italiane (circa
2.500 schermi); strutture multiplex da 5-6 schermi in su ubicate in oltre
duecento complessi (circa 1.500 schermi) per lo più presenti nei
dintorni delle città capoluogo.
Ad oggi, circa i due terzi degli schermi digitalizzati esistenti sono
installati in strutture multiplex e solo un terzo in sale tradizionali.
Per quanto riguarda il tasso di digitalizzazione delle strutture, si osserva
che solo venticinque di esse (ovviamente multiplex) hanno un numero di
schermi digitali superiore a tre e meno di una decina sono completamente
digitalizzate.
E’ utile ricordare anche che il processo di digitalizzazione va ricondotto
principalmente al grande “appeal” sul pubblico della proiezione tridimensionale
(non è un caso, infatti, che la quasi totalità degli schermi
digitali sia dotata della tecnologia 3D) e che, sotto il profilo economico
e finanziario, molto hanno contribuito le diverse possibilità di
VPF (virtual print fee) e la recente introduzione del credito d’imposta.
La situazione sopra descritta è tale che lascia al momento poco
spazio alla circuitazione di copie digitali non in 3D in quanto, di regola,
le sale esistenti, salvo alcune pochissime strutture che hanno più
di 3-4 schermi digitali, a malapena riescono a soddisfare la programmazione
di film in 3D.
Per quanto riguarda, poi, le prospettive del processo di digitalizzazione
e, in particolare, della possibilità di una sua ampia diffusione
nel mercato, bisogna considerare che per larga parte dell’esercizio tradizionale
l’introduzione di tale tecnologia rischia, per una serie di cause concomitanti,
di non potersi realizzare o comunque di allontanarsi di molto nel tempo.
Invero, mentre i multiplex (specialmente se appartenenti a grossi o medi
circuiti), che programmano largamente film delle majors americane e molti
film in 3D, possono senz’altro avvantaggiarsi di tutti gli strumenti che
agevolano l’investimento digitale (VPF e credito d’imposta), le sale tradizionali,
che generalmente programmano film di qualità e d’autore non editati
dai distributori in digitale, perché manca un numero sufficiente
di sale attrezzate (dovrebbero essere almeno 300-500), non sono in gran
parte incentivate ad effettuare gli investimenti necessari, non potendo
contare sulla disponibilità di film digitali e, quindi, non usufruiscono
del VPF.
Inoltre, il credito d’imposta per queste sale, che hanno una ridotta capacità
reddituale e una struttura aziendale con pochi dipendenti e, quindi, una
insufficiente capacità di compensazione, risulta di scarsa utilità.
Il divario tra le diverse tipologie di esercizio si aggrava ulteriormente
se si considera che, stante la crescente difficoltà delle case
produttrici di proiettori digitali a far fronte all’aumento accelerato
della domanda, vengono privilegiati nelle consegne coloro che hanno già
prenotato gli impianti e sono in grado di pianificare lo sviluppo digitale
(le strutture multiplex).
E’, come si vede, un cane che si morde la coda, una situazione di “impasse”
che bisogna superare rapidamente, pena un forte ritardo nella digitalizzazione
di oltre la metà delle sale italiane già economicamente
fragili, che si troveranno a fare i conti con un ulteriore svantaggio
competitivo.
E’ possibile fare qualcosa per modificare tale scenario?
E quali sono le azioni virtuose da porre in essere per evitare una situazione
che danneggia una parte importante dell’esercizio, quella in cui i film
italiani hanno le maggiori possibilità di visibilità e di
realizzazione di maggiori incassi?
Questo il tema al centro del dibattito anche degli “Incontri del cinema
d’essai” di Mantova. Ma certamente si può sostenere che qualsiasi
possibilità di invertire la tendenza in atto è subordinata,
da un lato, ad un forte, tempestivo, comune impegno di esercenti e distributori
nel superare gli ostacoli esistenti concertando una apposita “road map”
e, dall’altro, alla capacità del Ministero dei Beni e delle Attività
Culturali e delle Regioni, magari coordinati tra di loro, di mettere in
campo meccanismi agevolativi appropriati che siano in grado di incentivare
fortemente gli investimenti di quelle imprese di esercizio che sono in
difficoltà ed in ritardo.
Luigi Grispello
componente ufficio di presidenza Agis e vicepresidente vicario Anec
La versione italiana di questo articolo
è stata pubblicata nel “Giornale dello Spettacolo” n. 18, dell'8
ottobre 2010
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