Tutti diversi, tutti digitali
a cura di Elisabetta Brunella
Questa rubrica ospita ritratti di cinema d’Europa
e del resto del mondo assai diversi tra loro, ma accomunati dal fatto
di aver adottato la proiezione digitale.
Paese |
Nome del cinema |
Città |
Società |
Numero di proiettori
digitali |
Marca del proiettore
digitale
|
Modello del proiettore
digitale
|
Risoluzione |
Server |
N. di schermi 3D |
Fornitore di tecnologia
3D |
USA |
Michigan Theater |
Ann Arbor |
Michigan Theater |
1 |
Sony |
SRX-R220 |
4K |
Sony |
1 |
RealD |
Michigan Theater
Ogni
cittadina statunitense che si rispetti ha almeno un primato che viene
orgogliosamente citato in tutti i dépliants e i siti web: Ann
Arbor, a metà strada tra Detroit e Lansing, capitale del Michigan,
vanta uno dei pochissimi organi da cinema che siano rimasti esattamente
dove erano stati installati all’origine, negli Anni Venti. Ad ospitare
il prestigioso e perfettamente funzionante Barton, superstite di una
schiera di settemila organi destinati ad accompagnare con la loro musica
i film muti, è il Michigan Theater, situato proprio nel cuore
della Città, a pochi passi dalla sua istituzione più famosa,
la stimatissima University of Michigan.
Progettato nel 1928, rimaneggiato nel 1956 e salvato grazie ad un’iniziativa
popolare dalla distruzione a cui lo aveva condannato la foga speculatrice
degli Anni Settanta, il Michigan Theater propone al suo pubblico – in
buona parte studenti universitari o élites culturali dai capelli
sale e pepe – una gamma di film decisamente inusuali al di fuori delle
metropoli come New York o Chicago. La sua programmazione, offerta su
due schermi, spazia dalle opere di indipendenti americani e film in
lingua diversa dall’inglese, provenienti da tutto il mondo, alle pietre
miliari della storia della settima arte. Capita così che nel
giro di poche settimane si avvicendino un classico come Nosferatu,
un sempreverde come Singing in the Rain, visioni da mondi lontani
attraverso il tagiko Tulpan e The Stoning of Soraya M.,
ambientato in Iran, e documentari di denuncia come Food Inc.
o Under our Skin, che portano alla luce vicende della vita
di ogni giorno lasciate in secondo piano dai mass media, come le connessioni
pericolose tra politica e speculazioni economiche con, in un caso, l’industria
alimentare e, nell’altro, quella farmaceutica. Il look del Michigan
Theater nulla ha da spartire con i multiplex che giganteggiano nei parcheggi
a perdita d’occhio delle periferie: per questo può essere considerato
la versione “lusso” della fruizione cinematografica nella provincia
americana. La “marquee” splendente di luci, una sala di 1.704 posti,
decisamente “oversize” rispetto agli standard attuali, la biglietteria
ottagonale di legno e vetri, le dorature dei soffitti e delle colonne
corinzie, i lampadari di cristallo, l’imponente scalinata che conduce
alla galleria rimandano ai tempi dei “movie palaces”, che aggiungevano
al piacere della fruizione cinematografica lo sfarzo degli arredi e
il fascino delle ambientazioni.
Eppure sotto questa “pelle” antica si nasconde una tecnologia all’avanguardia:
dalla primavera del 2009 il Michigan Theater si è dotato di un
sistema digitale 4K, adatto anche, grazie alla tecnologia RealD, alle
presentazioni 3D, che sono iniziate il 29 maggio con Up, praticamente
all’indomani della sua uscita mondiale al Festival di Cannes. E’ stato
questo un passo particolarmente importante per un’istituzione come il
Michigan Theater, non solo icona dei cinema “d’antan”, ma anche isola
per le opere di qualità. Per evitare equivoci riguardo a possibili
cambiamenti nella filosofia della programmazione, il Michigan Theater,
nell’annunciare questo recente salto tecnologico, ha ribadito la fedeltà
alla linea seguita finora: qualità ed indipendenza. Russ Collins,
anima del Michigan Theater, nominato Cavaliere della Repubblica
per i meriti acquisiti nella diffusione del cinema italiano negli Stati
Uniti, ci ha detto: ”Siamo e restiamo un’istituzione culturale, non
un cinema puramente commerciale: non per questo vogliamo restare ai
margini dello sviluppo tecnologico. Così, ai proiettori analogici
che utilizziamo per presentare film in 35, 70 e 16mm, ed anche film
muti, abbiamo aggiunto il massimo dell’innovazione tecnologica disponibile
ai nostri giorni, per restare in sintonia coi tempi e con le esigenze
del pubblico. Abbiamo iniziato la transizione al digitale quando sono
rimasto affascinato dalla qualità del 2K, ora abbiamo deciso
di fare un altro passo avanti: credo che la qualità del 4K resterà
imbattibile per almeno 10 anni.” Un passo importante ed impegnativo
sul fronte finanziario: il Michigan Theater è infatti gestito
da un’organizzazione senza scopo di lucro, che si basa solo per il 60%
sulle entrate derivanti dalla vendita dei biglietti e delle “concessions”.
Per il resto conduce un’intensa campagna di raccolta fondi, che va dagli
abbonamenti dei soci al lavoro volontario, dalle donazioni alle sponsorizzazioni.
Proprio al Michigan Theater era andato qualche anno fa uno dei non molto
numerosi contributi del Governo Federale che era servito proprio per
avviare la proiezione digitale. Ora è stato cruciale il ruolo
della Bank of Ann Arbor, che ha reso possibile l’acquisto del proiettore
4K concedendo un prestito ripagabile in 5 anni.
Prova che anche negli Stati Uniti – e addirittura nel Michigan, terra
del capitalismo più crudo denunciato da Michael Moore che proprio
qui è nato – esiste la consapevolezza del ruolo culturale, sociale
ed economico che una sala storica del centro cittadino riveste per l’intera
comunità.
La versione integrale di questo articolo è stata
pubblicata nel “Giornale dello Spettacolo” n. 21, del 27 novembre 2009.
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