Il
Torino Film Festival ha fiducia nel digitale
di Giovanna Arrighi
Da anni, in giro per festival e convegni,
si discetta sulle possibilità del digitale per il futuro del cinema:
i nuovi formati, i nuovi supporti, i nuovi media, come possono influire
sull’esistenza o meno della settima arte?
Mentre, da più parti, si levano fosche predizioni d’imminente scomparsa
di questa illustre e ultracentenaria espressione dell’immaginario umano,
dall’osservatorio torinese della 25ª edizione del Torino Film Festival
la prospettiva è, a dir poco, capovolta.
Non solo il Cinema gode d’ottima salute, ma le innovazioni tecnologiche
sembrano essere solo d’aiuto. Certo, la maggior parte delle opere in programma
è ancora su supporto analogico, ma c’è già una certa
presenza di film in digitale o in formati simil-digitali.
Sfogliando il programma, infatti, si trovano circa venticinque medio e
lungometraggi, oltre una decina di corti, in DigiBeta e dieci opere assolutamente
in HD,
Sembrano ancora poche, rispetto ai classici formati in 35 e 16mm, e non
è ancora possibile proiettarle in tutte le sale del Festival, ma
sono sicuramente un inizio.
A Torino, del resto, è già il terzo anno che è possibile
proiettare pellicole in alta definizione, – come ci conferma Luca Andreotti,
responsabile della programmazione e ricerca film – anche se gli unici
schermi attrezzati per il digitale sono quelli della Multisala Cinema
Massimo, che è parte integrante del Museo del Cinema. “Certo, -
continua Andreotti – noi abbiamo anche un collegamento satellitare, ma
i film ci arrivano tuttora su supporto fisico. Per noi sarebbe possibile
anche organizzare da qui tutta una serie di proiezioni decentrate, se
le altre sale avessero, come le nostre, una cabina digitale. Il problema,
per ora, è legato agli alti costi di queste attrezzature, che ne
limitano la diffusione capillare”.
“Del resto, è stato proprio questo il motivo, - come ci conferma
il Direttore del Museo del Cinema, Alberto Barbera – a farci decidere
in questo senso. Ci è sembrato giusto che fosse la nostra struttura,
in quanto pubblica, a farsi carico dell’acquisto delle strutture necessarie.
Nei due anni precedenti, affittavamo le attrezzature ma, dato che il Museo
ospita e supporta ben quattro festival l’anno, facendo due conti, abbiamo
capito che era necessario ottimizzare sia il lato organizzativo che quello
economico. Per questo, abbiamo ritenuto importante dotare le sale del
Massimo di un sistema digitale, considerando, fra l’altro, la sempre maggiore
presenza di opere in formato digitale nei listini stranieri. In questo
settore, d’altronde, stiamo assistendo ad un’accelerazione della conversione
dai supporti tradizionali a quelli digitali, sotto la spinta di Hollywood
e non solo, e se fino a qualche tempo fa si parlava di tempi medi o lunghi,
oggi questi sembrano essere molto più brevi.
Certo, i costi sono ancora alti, anche se non credo sarà così
per molto. D’altronde, per quello che riguarda l’archivio del Museo, per
ora ci limitiamo alla conversione in digitale di foto e manifesti, mentre
per i film il discorso è un po’ più agli inizi, essendo
necessario che le copie da digitalizzare siano in perfette condizioni
di conservazione e non avendo noi la disponibilità economica per
restaurare tutto il nostro listino. Per i festival, invece, è oramai
quasi una necessità procedere in questo senso, dato che quasi il
trenta per cento dei film che, di volta in volta, vengono selezionati,
ci arriva su questo supporto. Il Museo, poi, per sua vocazione ha anche
il compito di collaborare alla sperimentazione, alla ricerca ed alla formazione
professionale: per questo motivo ritengo non debba limitarsi ad una funzione
archivistica, ma far da stimolo e da traino in questo campo”.
<<
|