Casablanca nell'immaginario cinematografico La prima volta che sono andata a Casablanca è stato per seguire l’impulso irrefrenabile di vedere dove fosse stato girato il film di Michael Curtiz con Humphrey Bogart, Ingrid Bergman e Dooley Wilson “as Sam”: CASABLANCA. Ammetto che mi trovavo nelle vicinanze della città marocchina e non sapevo ancora che la pellicola fosse venuta alla luce nei pressi di Los Angeles, in un set di Burbank, la capitale mediatica del mondo. I cinefili si nutrono di fantasticherie. La vecchia Casablanca, quella dall’architettura Art Déco, un quartiere piuttosto malfamato all’epoca del mio arrivo, circa venti anni fa, aveva splendidi ma fatiscenti palazzi che la sera, come il mio albergo, ospitavano night club, locali che apparivano seminascosti in vie poco illuminate, raggiungibili con il calar del buio grazie a qualche datata insegna al neon. Quella del mio albergo era una luce verde che si accendeva ad intermittenza, prima sulla parola “night “e poi su quella “club”. Accollerei la colpa di questo mio soggiorno ad una famosa guida francese, però è così che ho scoperto la vera atmosfera del film: il mio albergo sarebbe stato ancora un posto adatto per contrabbandieri e clandestini, come il “Rick’s Café” all’epoca del regime filonazista di Vichy sulla Città. Unico neo, non si sentivano le note di “As time goes by” e la splendida voce di Sam entrando nella hall. Il fascino dei cinema di un tempo A pochi passi, però, c'è la testimonianza più elegante dell’epoca coloniale della Città, il “Cinema Rialto”, palcoscenico di grandi artisti dell’epoca, come Joséphine Baker. Un luogo dove anche Churchill e gli alleati americani avranno passato qualche ora di svago ai tempi della storica conferenza di Casablanca nel 1943. Pare proprio che questo meeting di politici, a conclusione degli sbarchi degli alleati americani in Nord Africa, abbia fornito la pubblicità necessaria per far conoscere la città di Casablanca al pubblico americano ed aiutare il film a divenire un successo nelle sale. Il Cinema Rialto ha 1.350 posti a sedere ed è stato restaurato al suo interno, ma senza perdere il fascino dell’antica sala come la vidi io: ora è chiuso da un anno ed è in vendita. Lo riconosco in due grandi foto esposte alla mostra fotografica organizzata dal fotografo François Beaurain, a Marrakech, nel quartiere di Guéliz, in rue Tariq Bnou Ziad. La mostra raccoglie almeno 30 fotografie di sale cinematografiche del Marocco. Dopo la sua chiusura, e un tour nelle principali città del Paese (Rabat, Casablanca, Fès, Agadir), resta documentata nel libro fotografico dallo stesso titolo: “Cinémas du Maroc”. L’autore di queste immagini ha girato per tre anni il Paese in lungo e in largo, alla ricerca dei cinema che esistevano prima delle multisale ed ha scoperto che quelli del Marocco sono bellissimi e intatti nel loro fascino lontano, anche se molti, a differenza del Cinema Rialto, sono in fase di accentuata decadenza. Secondo i dati diffusi dal Centre Cinématographique Marocain, il numero di sale cinematografiche in attività in Marocco sarebbe precipitato. Solo pochi anni fa, alla fine del 2003, gli schermi in funzione erano 160, oggi circa la metà. La società marocchina, quella delle grandi città, erede dell’amore per il cinema dei coloni francesi, ha amato il cinema sul grande schermo. I multiplex, che sono arrivati anche qui, hanno ora smesso di esser costruiti per mancanza di pubblico. Altro dato necessario per comprendere la crisi delle sale cinematografiche in Marocco è che queste oggi continuano ad esistere solo nelle grandi città: Casablanca, Marrakech, Tangeri. Comunque quelle storiche qui, come testimoniano le foto di Beaurain, non sono state trasformate in ristoranti o grandi magazzini come è avvenuto frequentemente in Europa, ma sono rimaste intatte nello splendore della loro epoca. Del 1952, progettato dall’architetto Georges Peynet, autore di famose sale parigine, è il Cinema Colisée, sempre a Guéliz, Marrakech: è una sala infilata in un palazzo condominiale. Un posto veramente particolare: il cinema a casa, almeno per alcuni, tuttora in funzione. Le foto di François Beaurain testimoniano la nostalgia di quello che hanno rappresentato le sale cinematografiche nella vita del 1900, ma non solo. Sono state scattate anche nella speranza che questi luoghi speciali non spariscano e che, come il cinema, rinascano per essere gremiti di spettatori. Nella prefazione al suo libro, il Fotografo si augura che le sale “escano dal buio in cui sono calate”. Il cinema, la settima arte, quella dell’epoca moderna, è infatti nato in queste questi luoghi e grazie a loro ha visto crescere il suo pubblico. Il cinema a loro è, indelebilmente, legato.
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