Il
consumo di cinema nel 2005
Sarà stato un colpo di singhiozzo? È questa la domanda
che si pone chi osservi i dati del consumo di cinema nel 2005 rispetto
al decennio precedente ma soprattutto in vista dei prossimi anni.
Praticamente in tutto il mondo il 2005 è stato infatti caratterizzato
dal segno negativo: a far sperare che si tratti di un fenomeno isolato
è la generale ripresa avvenuta negli ultimi mesi, che se non
è riuscita a risollevare le sorti dell’anno, ha contribuito
a rendere meno gravoso il calo di spettatori. L’Europa nel suo
insieme non ha fatto eccezione: anche qui, come negli Stati Uniti, ma
anche in Australia o in Giappone, i biglietti venduti sono diminuiti.
Mediamente i diciannove paesi dell’Europa Occidentale sono arretrati
del 10,6%. Nel loro insieme hanno perso, infatti, oltre 100 milioni
di spettatori, passando dai 962 del 2004 a poco meno di 860. Peraltro
80 di questi 100 milioni di biglietti sono stati persi – seppure
in misura molto diversa – nei cinque maggiori mercati del Continente:
Francia, Regno Unito, Germania, Spagna e Italia.
I quindici paesi dell’Europa Centro-Orientale e del Mediterraneo
hanno sofferto ancora di più, passando da 113 milioni di biglietti
a circa 93 con un calo del 17,7%.
È pur vero che il 2004, come si era sottolineato a suo tempo,
aveva avuto – soprattutto in certi paesi – un carattere
di eccezionalità, facendo registrare crescite molto importanti.
Di conseguenza, per quanto riguarda l’Europa Occidentale, si può
rileggere il 2005 distinguendo i mercati tra quelli che hanno comunque
mantenuto parte del guadagno di spettatori realizzato tra il 2003 e
il 2004 – o, almeno, si sono attestati sui valori degli anni 2000
– e quelli che, invece, sono tornati ai livelli degli anni ‘90.
Al secondo gruppo appartengono innanzitutto i tre territori accomunati
dalle più gravi diminuzioni che si registrino in Europa Occidentale,
intorno (o addirittura sopra) al -20%. Si tratta di Liechtenstein, Austria
e Germania, paese – quest’ultimo – che, perdendo quasi
30 milioni di biglietti rispetto al 2004, tocca il livello più
basso dal 1995.
In un’analoga situazione si trova, seppur con un calo meno severo,
anche un altro dei cinque grandi mercati dell’Europa Occidentale,
la Spagna, che chiude il 2005 con poco più di 127 milioni di
biglietti, lasciandosi dietro 16 milioni di spettatori rispetto al 2004
(-11,3%). Era dal 1999 che il Paese non scendeva sotto i 130 milioni
di biglietti.
Sulla stessa scia, territori di dimensioni minori come Portogallo (-16,2%),
Lussemburgo (-14,7%), Svizzera (-13,1%), Svezia (-12,1%), Finlandia
(-12%), Paesi Bassi (-11,2%), Belgio (-9,2%) e Norvegia (-5,4%). I territori
che, invece, meglio resistono al calo generalizzato, vanno da un grande
mercato quale il Regno Unito (-3,3%) all’Irlanda (-5%): entrambi,
nonostante la perdita di spettatori, raggiungono uno dei migliori risultati
degli anni 2000. L’Italia, pur con una diminuzione del 9,3%, riesce
a mantenere una quantità di spettatori superiore al 2003, accompagnata
dalla Francia (-10,8%) e dalla Danimarca (-4,7%) che uguagliano, o quasi,
il risultato del 2003.
Per tentare di spiegare i risultati negativi del 2005 sono state fatte
varie ipotesi. Alcune riguardano fenomeni con caratteristiche di lungo
periodo e più esterni all’offerta cinematografica in senso
stretto, come il mutamento delle abitudini nel tempo libero, l’affermarsi
di canali alternativi di fruizione del film (per esempio i dvd, facilitati
nella loro diffusione dall’accorciarsi delle windows) o la pirateria.
Altre spiegazioni insistono di più sulla qualità stessa
dei film usciti nell’anno, meno capaci – in particolare
quelli statunitensi – di attirare il grande pubblico al cinema.
Tra coloro che sembrano propendere per questa ipotesi, John Fithian,
Presidente di Nato (l’associazione statunitense degli esercenti),
che, commentando l’annata 2005 degli Usa – chiusasi a -8,7%,
ma considerata pur sempre una delle migliori dell’ultimo decennio
– nota come l’andamento ciclico sia una caratteristica propria
del consumo di cinema in sala.
Il fatto che una manciata di film di attrattiva internazionale, accompagnata,
nei paesi più fortunati – come, per esempio l’Italia
– da un numero di produzioni nazionali di qualità o di
richiamo popolare sia riuscita nell’ultimo quadrimestre del 2005
a riportare al cinema milioni di spettatori sembra accreditare l’ipotesi
più legata alle caratteristiche stesse dei film e a dare una
certa speranza per il futuro.
Che tendenza emerge dai primi mesi del 2006?
A confortare una posizione di cauto ottimismo ci sono i segnali che
vengono dai primi mesi del 2006. Se in Spagna e nel Regno Unito –
territorio che aveva chiuso il 2005 con un calo limitato al 3,3% –,
alla fine di maggio 2006, gli spettatori risultavano diminuiti di circa
l’1% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente,
altri territori hanno registrato un andamento positivo. È il
caso, per quanto riguarda i biglietti venduti i primi cinque mesi, dell’Italia
(dove Cinetel parla di +12%, ma pronostica addirittura +16% entro la
fine di giugno), nonché della Francia (+22% secondo il CNC) e
della Turchia (+23%). Sulla stessa scia la Germania (+15% nel primo
quadrimestre), mentre un incremento ancora più lusinghiero –
sebbene riferito solo al primo trimestre – si registra in Polonia
(+84%), il più grande mercato dell’Europa Centro-Orientale,
reduce peraltro da un disastroso 2005 (-29% rispetto al 2004).
Quali sono i film che hanno giocato un ruolo di primo piano in questi
mesi, oltre ovviamente all’onnipresente Da Vinci Code?
Un certo numero di blockbusters made in Usa, come Mission: Impossible
III e X-Men The Last Stand. A questi tre titoli il Regno
Unito, per esempio, deve il successo di pubblico del mese di maggio.
E poi ancora Ice Age 2: The Meltdown, The Omen e Poseidon.
Senza nulla togliere alla grande capacità di attrattiva popolare
di queste produzioni, sembra peraltro confermarsi la tendenza del cinema
hollywoodiano ad affidare il proprio successo a relativamente pochi
titoli “evento”. Su questa scia si collocano anche Pirates
of The Caribbean: Dead Man’s Chest a Superman Returns
attesi nelle prossime settimane, poco prima di Cars. In questo
scenario risalta, soprattutto nei paesi con una più forte capacità
produttiva, il ruolo dei film nazionali. In Francia la quota di mercato
delle produzioni dell’Esagono ha superato il 49%, grazie soprattutto
a Les Bronzés 3, che ha avuto più di 10 milioni
di spettatori ma anche a Camping (4,7) e Je Vous
Trouve Très Beau (3,5). In Polonia due commedie romantiche
hanno venduto oltre 3 milioni di biglietti.
Ugualmente in testa alla classifica degli incassi in Turchia si trovano
tre titoli nazionali: in prima posizione La Valle dei Lupi,
il discusso blockbuster tacciato di anti-americanismo che, con oltre
4 milioni di biglietti venduti in patria e un’ampia diffusione
internazionale – soprattutto in Germania, Belgio e Francia –,
è il vero “caso” del 2006. In Spagna, invece, il
lieve arretramento dei biglietti venduti sino alla fine di maggio può
forse essere spiegato con la debolezza delle pellicole nazionali che
totalizzano solo circa 5 milioni di spettatori, da confrontarsi con
gli oltre 7 dello stesso periodo del 2005 (-32%). Unica eccezione positiva
è il risultato di Volver, che da solo ha conquistato
oltre 1,8 milioni di spettatori.
Per quanto riguarda l’insieme dell’Europa, resta comunque
difficile fare previsioni sul prosieguo del 2006. Tra i fattori di maggior
impatto ci sono sicuramente i Mondiali di calcio, a cui peraltro i mercati
nazionali sembrano reagire in modo diverso. In Germania, per esempio,
si è verificata, poco prima del calcio d’inizio, un’uscita
massiccia di titoli – ben 28 – tutti intenzionati a evitare
la concorrenza del pallone, mentre la Francia, che pure coi Mondiali
perde spettatori (-21% rispetto alla stessa settimana del 2005), mantiene
l’appuntamento con la Fête du Cinéma sperando che
questa tre giorni ricca di nuove uscite riesca a emergere relativamente
indenne, come peraltro era già successo nel 1998 e nel 2002,
dal duello col grande evento sportivo.
Elisabetta Brunella