A Roma la presentazione di MEDIA Salles e dell’Osservatorio Europeo dell’Audiovisivo: un’occasione per fare il punto sulla digitalizzazione in Italia

Rallenta la digitalizzazione delle sale cinematografiche italiane. A dimostrarlo sono i dati diffusi da MEDIA Salles, in occasione della giornata organizzata per i vent’anni del Programma MEDIA, svoltasi il 29 ottobre a Roma all’Hotel Bernini Bristol, nell’ambito del Business Street del Festival del Film di Roma.
All’incontro della mattina, dedicato alla transizione digitale in Europa, hanno partecipato diversi operatori del settore, tra i quali il presidente Agis e Anec, Paolo Protti, il vice presidente MEDIA Salles e vice presidente vicario Anec, Luigi Grispello e il presidente Anem, Carlo Bernaschi. Presente anche il direttore generale Cinema del MiBAC, Nicola Borrelli.

Secondo i dati presentati da Elisabetta Brunella, segretario generale di MEDIA Salles, dal 1° gennaio 2011 a ottobre 2011 gli schermi digitali in Italia sono passati da 912 a 1.080 (+18,4%), ma negli altri cinque principali mercati europei l’incremento è stato molto più elevato: in particolare in Germania gli schermi digitali sono passati da 1.239 a 2.000 (+ 61,4%), mentre, considerando i primi sei mesi del 2011, l’incremento in Francia è stato del 43,2% (da 1.885 a 2.700 schermi digitali), nel Regno Unito del 42,8% (da 1.400 a 2.000), in Spagna pari al 32,1% (da 772 a 1.020) e in Russia del 27,5% (da 941 a 1.200).
Da rilevare inoltre che in Italia dal 1° gennaio 2010 al 1° gennaio 2011 gli schermi digitali erano passati da 434 a 912 con un incremento del 110%.
Più in generale, considerando i dati aggiornati al 1° gennaio 2011, gli schermi digitali in Europa sono 10.341, pari al 30% del totale degli schermi, e secondo MEDIA Salles, tra fine 2011 e inizio 2012 il 50% del totale degli schermi dovrebbe essere attrezzato per il digitale. Sono invece 8.417 gli schermi equipaggiati per il 3D, pari all’81% del totale degli schermi digitali. Brunella ha inoltre evidenziato come lo sviluppo del digitale sia dovuto non solo alla diffusione del 3D, ma anche agli incentivi di finanziamento previsti dai singoli Paesi e all’iniziativa dei grandi circuiti dell’esercizio.

Nel suo intervento Martin Kanzler, analista dell’Osservatorio Europeo dell’Audiovisivo, ha sottolineato in particolare le difficoltà affrontate dalle piccole sale nel passaggio al digitale. Pur essendo diminuiti i costi legati alla tecnologia e all’acquisto dei proiettori digitali, secondo Kanzler rimangono comunque alti per gli
esercenti i costi di conversione e di gestione del nuovo sistema. “In questo contesto – ha detto - ovviamente sono maggiormente penalizzate le piccole strutture che non possono comprare all’ingrosso e che non hanno la possibilità di sfruttare le economie di scala rese possibili dalla nuova tecnologia. Allo stesso tempo però i piccoli esercenti, a breve termine, dovranno riuscire a digitalizzarsi per non rischiare di rimanere fuori dal mercato nel momento in cui le grandi distribuzioni passeranno esclusivamente al digitale”. Il rischio, secondo Kanzler, è quindi quello che la sala tradizionale, che svolge anche un ruolo sociale importante, venga penalizzata e di conseguenza anche il cinema indipendente e di qualità che vede la sua sede naturale in queste strutture.

Oltre ai problemi evidenziati da Kanzler, Paolo Protti nel suo intervento ha sottolineato ulteriori criticità legate alla diffusione del digitale. Una questione riguarda l’evolversi del sistema tecnologico. “Nel corso di pochi anni – ha detto - la tecnologia digitale è notevolmente cambiata e non è possibile rincorrere continuamente questa evoluzione, altrimenti occorrerebbe cambiare l’impianto digitale ogni 2 anni.Bisognerebbe quindi accordarsi su un sistema di standard condiviso”.
Altro aspetto importante è quello relativo al 3D. “Negli anni passati – ha affermato Protti - il successo dei film in 3D è stato uno degli elementi trainanti nella diffusione del digitale, ma oggi non è più così: i dati del 2011 infatti evidenziano una frenata nel consumo in sala dei film in 3D, probabilmente sia perché il biglietto costa di più e la crisi economica si fa sentire, sia perché si paga lo scotto della distribuzione di film nati in 2D e trasformati in 3D che evidentemente non sono stati apprezzati dal pubblico”.
Secondo Protti inoltre per decidere di affrontare le spese derivanti dal digitale bisognerebbe poterne sfruttare a pieno le potenzialità attraverso un sistema più flessibile con un’offerta di contenuti alternativi e una programmazione più elastica. A questi aspetti si affianca il problema dei finanziamenti pubblici, sia per quanto riguarda il contributo in conto capitale, “fermo dal 2009 – ha spiegato Protti – perché non ci sono le
risorse”, sia per il tax credit, “a sua volta fermo fintanto che non passerà la norma sulla cedibilità del credito
contenuta nel decreto Sviluppo, non ancora approvato”. “Questi interventi – ha concluso Protti – sono indispensabili per il settore. Occorre che lo Stato prenda delle decisioni”.

Luigi Grispello ha evidenziato in particolare le difficoltà dei piccoli e medi esercizi che, oltre ad avere minori vantaggi rispetto alle grandi strutture per quanto riguarda la riduzione dei costi, come ad esempio quelli del lavoro, non riescono inoltre ad utilizzare il credito d’imposta e hanno difficoltà ad avvalersi anche del VPF (virtual print fee, il modello in base al quale distributori ed esercenti contribuiscono all'investimento nella nuova tecnologia, n.d.r.) “sul quale – ha detto - sono state chieste ai distributori che operano sul mercato italiano delle modifiche con il fine di renderlo più accessibile alle piccole strutture, puntando peraltro anche sulla multiprogrammazione”.

Anche Carlo Bernaschi ha affermato la necessità di una revisione dell’accordo con i distributori sul VPF. “Occorre – ha detto - che gli esercenti insieme ai distributori e allo Stato lavorino per favorire il passaggio alla digitalizzazione, altrimenti, tra un anno, quando le major passeranno esclusivamente al digitale, ci sarà un danno irreversibile per le sale rimaste indietro e quindi per l’intero mercato. Soprattutto i distributori – ha aggiunto - devono rendersi conto che questo è un momento molto delicato, in particolare per il cinema italiano che rischia di non poter più contare sulle strutture tradizionali”. Bernaschi ha inoltre sottolineato il problema legato al mancato intervento da parte di molte Regioni che, dice, “oltre ad avere scarse risorse, in alcuni casi non prevedono la cumulabilità degli interventi regionali con quelli statali”.

Lo scenario preoccupa anche Nicola Borrelli. “Solo fino all’anno scorso – ha detto - il problema di cui discutevamo era che le aziende produttrici di proiettori digitali non riuscivano a soddisfare la domanda, oggi invece la richiesta è crollata”. “Come Stato – ha aggiunto - non possiamo permetterci di perdere le sale tradizionali che garantiscono visibilità al cinema italiano ed europeo di qualità. Bisogna inoltre dialogare con
le regioni e gli enti locali per coordinarsi sugli interventi e per condividere il principio che questo è un percorso vitale non solo per l’industria cinematografica, ma anche per lo sviluppo sociale delle città”.

All’incontro sono intervenuti anche Roberto Cicutto, direttore di The Business Street, Giuseppe Massaro, di MEDIA Desk Italia, Silvia Sandrone, Antenna MEDIA Torino, André Lange, Osservatorio Europeo dell’Audiovisivo.

Marta Proietti (in collaborazione con il Giornale dello Spettacolo)

<<