Alice Tentori
Sales Specialist, Digima
SAAV Co-Founder

Il mio primo ricordo del cinema. Immaginate: una bambina di 8 anni, all’Odeon di Milano, seduta sulla punta della poltrona con il sedile ribaltabile. La schiena protesa in avanti e gli occhi spalancati davanti a quel grande schermo che grande lo era per davvero. Forse è stata tutta quella luce a farmi innamorare del cinema, anche se, in buona parte, il merito è dei miei genitori, entrambi grandi appassionati di quest’arte: mio papà, direttore della fotografia, girava tantissimo con la videocamera e io mi divertivo ad essere il suo soggetto preferito; mia mamma mi portava al cinema vicino a casa ogni settimana con le sue amiche, anche quando i film erano per i “grandi”.
Al momento della scelta del percorso accademico, non ho avuto molti dubbi: Scienze dei Beni Culturali con indirizzo in Storia del Cinema e tesi in Cinema d’Animazione, dopo l’esperienza come Cast Member a Disneyland Resort Paris.
Il cinema era quello che volevo fare. Nel 2004 ho iniziato a lavorare in un multiplex di 13 sale alle porte di Milano: c’era ancora la pellicola e per accedere alla cabina era richiesto il patentino di proiezionista. Ricordo ancora che, all’esame di conseguimento presso la caserma dei Vigili del Fuoco, ero l’unica ragazza su una trentina di partecipanti, ma nessuno mi avrebbe fermata. Gli anni nell’esercizio mi hanno insegnato molto: non solo il lavoro in biglietteria, al bar, gli aspetti organizzativi e di comunicazione, ma anche, e forse soprattutto, il rapporto con la clientela, il lavoro di squadra, la gestione degli imprevisti e dei grandi flussi. Una vera e propria università sul campo.
Poi è arrivato il digitale: tra il 2009 ed il 2010, con la spinta del 3D, il parco sale italiano si è convertito alla nuova tecnologia. In quegli anni, Digima era uno dei nuovi player che si affacciavano sul mercato del cinema: la necessità di far conoscere il potenziale della nuova tecnologia agli esercenti, le difficoltà nell’approvvigionamento delle macchine in anni in cui la digitalizzazione correva in tutto il mondo, le date di consegna in parallelo alle date di uscita dei film erano le sfide più impegnative. Il nostro team era piccolo, ma affiatato e competente, oltre che appassionato sia di cinema che di tecnologia: credo che questo sia stato il nostro punto di forza, riconosciuto in particolare dal circuito The Space Cinema che ci affidò tutto il roll out al digitale delle sue sale e la conseguente assistenza e manutenzione.
Nel 2012, poi, quella che io definisco “la grande chiamata”: RealD, azienda americana leader nel cinema 3D, mi sceglie come Country Manager per l’Italia. Da allora, la visione non si è solo allargata al cinema digitale in 3D, ma anche dall’Italia all’Europa: un'avventura faticosa, ma stimolante, colma di saliscendi, tra un 3D divertente come quello degli animation (che però vedeva la resistenza di alcuni segmenti di pubblico a causa degli occhialini), un 3D riuscitissimo come in “Gravity“ o “Hugo Cabret e un 3D, invece, deludente, il quale ha talvolta influito in maniera negativa sulla percezione del pubblico verso questa tecnologia.
Come tutti i sistemi tecnologici usati al cinema, anche il 3D è un mezzo: il “come viene utilizzato” è l’aspetto preponderante. Alcuni registi sono entrati in piena sintonia con questa tecnologia e l’hanno utilizzata come strumento per facilitare il racconto; allo stesso modo alcuni esercenti hanno capito l’importanza della scelta tecnologica corretta per non deludere il pubblico, della messa a punto, della manutenzione periodica.
Il mio team di lavoro in RealD era formato principalmente da donne: insieme abbiamo sviluppato strategie di sales & marketing, organizzato eventi, archiviato contratti e accordato pagamenti. Non avrei potuto chiedere compagnia migliore per questo viaggio così “europeizzante” e gran parte del merito, in questo caso, va a Karina Neill, il mio Director Cinema londinese.
Un ultimo aspetto tecnologico che ho potuto esplorare negli ultimi anni, questa volta nel campo della postproduzione, è quello dell’accessibilità. Sottotitoli per sordi e audiodescrizioni per ipovedenti vengono aggiunti solitamente al termine della lavorazione del contenuto e sono più diffusi su supporti come blu-ray e piattaforme streaming. Qui, la lingua e la tecnologia si sposano per permettere a più persone possibili di vivere le stesse emozioni davanti ad un film o una serie tv. Perché la cultura sia davvero per tutti, anche grazie all’uso consapevole e positivo delle applicazioni tecnologiche.


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