CINEMA ALL'APERTO IN TOSCANA
di Elisabetta Galeffi

A Castiglion Fiorentino, piccolo comune in provincia di Arezzo, c'è una rocca in cima al paese. Una torre altissima che domina la valle, resto di epoche medioevali quando era bene vedere lontano per difendersi. Bisogna salire su per una carrettiera fatta per i muli e ripidissima, per arrivare in cima alla collinetta che sovrasta Castiglioni, questo lo shortname del paesino. La vista compensa la fatica, in basso la piatta, sconfinata distesa della campagna, ex palude, della Val di Chiana.

La rocca si erge in mezzo ad un grande prato con a lato il museo e in un altro angolo l'antica cappella romanica. L'assessorato della cultura di Castiglioni cerca in tutti modi di sfruttare il luogo più bello del paese. Neppure nell'anno del Covid, ha mancato di invogliare la popolazione a sgranchirsi le gambe per salire alla rocca e prendere un po' di aria nei giorni in cui è concesso con l'intento di non far dimenticare la magia del grande schermo.

I posti a sedere sono distanziati, ma lo spazio non manca sul grande prato. L'evento vede in prima fila a far gli onori di casa e a lavorare come volontari i giovani dell'associazione cittadina “L'Ulcera del signor Wilson”. Hanno scelto film che parlano di storie italiane, trovati dov'era possibile trovarli.

Vecchi film, ma anche produzioni di interesse locale o documentari,

proiettati sul grande schermo sul prato, e magari un po' sfocati, ma, in questi tempi di distribuzione cinematografica quasi inesistente, con i diritti dei nuovi film venduti alle potentissime piattaforme come Netflix o Sky, lo sforzo è da considerarsi assolutamente meritevole.

Hanno contestualizzato questa programmazione cinematografica, facendo precedere o seguire le proiezioni dalla presentazione di libri sul tema, da interviste con alcuni degli attori del cast o da una chiacchierata con il regista del film.

Tutto quello che era possibile mettere insieme per ricordare il piacere di una sala, il piacere di discutere, pensare e sperare ancora di avere a che fare con il cinema. Di tornare a parlarne.

Proiettori di poco conto presi a noleggio, certo non 3D, ma entusiasmo vero.

Ragazzi tra i 30 e 18 anni, che studiano, alle università di Siena, di Firenze e Perugia, materie diverse - filosofia, lettere antiche o moderne - o frequentano corsi di design o scuole di comunicazione, tutti chiusi nelle loro case o camerette ma tutti con la disperata voglia di non considerare e archiviare questo tempo come perso.

Sono capitata alla celebrazione del ciclista Nencini, toscano, unico italiano che abbia vinto il tour de France, esattamente nel 1960. All'intervista al figlio, che ha scritto un libro sulle avventure del velocissimo e temerario padre, sembra che, per stargli dietro nelle discese, gli altri atleti finissero per uscire di strada. All'intervista è seguito un film sul ciclismo, grande passione ancora oggi della Val di Chiana, coi suoi percorsi pianeggianti. Un film in grado di attirare molti spettatori alla proiezione “in quota”.

L'associazione “L'Ulcera del signor William” va avanti anche adesso, nonostante la pandemia, mi dice uno di loro, forse il giovanissimo capoccia. “Noi ci siamo sempre impegnati a voler divulgar cultura”.

Quando è stato possibile, hanno gestito, insieme all'assessorato della cultura di Castiglioni, anche il piccolo cinema, tra gli otto e i dodici posti a sedere, in una saletta nella ex roccaforte del paese.

Oggi continuano la loro iniziativa all'aperto, non abbandonando, neppure per un momento e pur nelle difficoltà, il loro sogno di tener viva la cultura in tempi difficili, insieme al “ricordo” del grande schermo cinematografico e del piacere di assistere a storie che ci sono raccontate dal dispiegarsi di una sequenza di immagini. Ma non da soli di fronte allo schermo del computer o ad una piccola tv di casa.

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