Woody Allen ovverossia la passione del cinema (indipendente e nelle sale cinematografiche)
di Elisabetta Galeffi

Una sera, in un ristorante elegante di Manhattan, tra la Quinta e Madison, mi hanno presentato Woody Allen. Pochi minuti a faccia a faccia con il mito. Per me ancora una visione. Credo di aver biascicato: "thank you", ed essermi lasciata andare ad un piccolo inchino, mentre il proprietario del locale comunicava al grande regista cinematografico il mio nome, insignificante.

Lui stava di fronte, muto, educatamente sopportando una noia che sarebbe passata presto. Non ha tentato neppure di fingere un sorriso. Non importa, lo scuso, erano quasi le dieci di sera, entrava per una cena dopo teatro, forse non vedeva l'ora di sedersi al suo tavolo con la moglie e i suoi amici. Saranno stati 15 anni fa. Dimostrava più degli anni che aveva: un omino pelle e ossa, inanimato, in contrasto stridente con la sorridente moglie coreana che, invece. pareva felice di far la conoscenza con l'entusiasta italiana.

Il giorno dopo ho svaligiato un Blockbuster della Big Apple e ho continuato per almeno una settimana a vivere solo ri-vedendo i film di Woody. Naturalmente, solo qualcheduno di quelli prodotti fino all'epoca in questione: la produzione cinematografica di Allen è pazzesca. Come Simenon e Balzac, come Dostoevskij, Woody è autore straordinariamente prolifico. Nel suo libro appena uscito "A proposito di niente", il racconto di 398 pagine, che si legge tutto di un fiato, sulla sua vita e sulle accuse dell'ex compagna Mia Farrow, ammette di aver imparato a scrivere prima di parlare. Con la stessa facilità, aggiungo io - lui dice che non ha dovuto faticare - dirige un film. Per lo scrivere, il far ridere, il girare un film, ha una regola precisa: dare retta soprattutto al suo istinto. Così guadagnando la libertà di essere solo se stesso.

Il racconto della sua vita è una sceneggiatura: quando ha bisogno salta con destrezza dal passato al presente, poi riavvolge tutto e riprende il racconto.

Da ragazzo, già appassionatissimo di film, scappava dal suo quartiere di Brooklyn per andare in una delle bellissime sale cinematografiche di Manhattan, che magari davano lo stesso film che avrebbe potuto vedere sotto casa. La sala cinematografica: un luogo importante per lo spettatore quanto un buon film. Mi sono resa conto di quanto mi manca, dopo tre mesi, quattro, di Covid, la fuga al cinema, per buttarsi alle spalle una giornata magari noiosa o problematica.

Nessun portale web, ne' tantomeno la televisione, può regalare la stessa esperienza del cinema, al buio in una sala. E dopo un bel film, il ritorno, cercando di rientrare nella propria vita o continuando a fantasticare sulla via di casa.

L'immersione in un mondo nuovo con il cinema è più breve di quella di un libro, ma con il vantaggio di esser presi, rapidamente, per mano dai personaggi sullo schermo, senza la fatica, spesso, delle prime pagine. E poi la sala è già una scelta di cosa ci attendiamo da un film. La tv invece sceglie per noi, non ancora pronti ad andare a letto la sera dopo cena e troppo stanchi per leggere un libro. Di fronte a uno dei mille canali siamo sempre in mezzo alla nostra realtà, che qualche volta può starci stretta.

Woody nel suo libro fa l'elogio del cinema indipendente, il suo. Il suo primo agente lo aveva avvertito, quando era solo un cabarettista: "Se una battuta fa ridere, lo capisci solo tu". Un consiglio che non ha mai dimenticato. Da qualche parte racconta qualcosa, più o meno così, dei suoi esordi cinematografici: "…non sapevo usare la cinepresa, ma sapevo quello che volevo realizzare, in fondo il resto sarebbe stato solo imparare qualche tecnica". Accetta, un'altra volta, la proposta di un produttore che gli chiede di scrivere la sceneggiatura di un libro di successo e, alla fine, dirige un film che non ha quasi attinenza con quel libro: "fui fortunato perché non mi fece causa", scrive.

Il cinema indipendente fa meno cassetta di Star Wars, neppure i film di Allen ci riescono, ma avremmo tanto desiderato vedere The Big Apple senza aver visto sullo schermo gigantesco di una sala i fuochi di artificio in una notte a "Manhattan"? E non desideriamo, nel profondo della nostra anima, che l' attrice, o attore, cane smetta di rovinarci una bella storia? Magari in modo meno cruento della prima donna della commedia di "Pallottole su Broadway".
Quante volte Woody ci ha spiegato la vita, e le relazioni sentimentali? "Match Point", "Io e Annie", "Stardust Memories", oppure ci ha fatto ridere a crepapelle? Qui la lista dei suoi film è troppo lunga, uno per tutti: "Harry a pezzi".

Le sale, oggi, in tempo di Covid, in Italia (e non solo), non hanno vita facile. Dei circa quattromila schermi meno del 5% aveva riaperto subito dopo il 15 giugno. E per il settore indie, pare ancora più difficile: mentre il cinema commerciale resiste su piattaforme come Netflix, sembrava che non ci fossero vie di sopravvivenza per chi lavora in Italia con i film non "mainstream".
Per questo, l'idea del Beltrade, il celebre cinema d'essai milanese, che ha proposto la sua piattaforma on line "Beltrade sul sofà" può essere presa come simbolo del dinamismo e della creatività delle sale indipendenti. Proiezioni virtuali anche dal Cinema Lab 80 di Bergamo, dal PostModernissimo di Perugia, dal Metropolis di Umbertide, dal Cine Teatro Orione di Bologna.

Il Cineclub Internazionale di Reggio Calabria ha invitato gli spettatori a frequentare il suo canale Vimeo, mentre Parallelo 41 di Napoli ha messo online i suoi titoli. "è un progetto a cui pensavamo da tempo: il lockdown ci ha dato l'ultima spinta per realizzarlo" dice Antonella di Nocera, presidente di questa casa di produzione. Ugualmente, alcuni festival dedicati al cinema indipendente hanno deciso di non disdire il loro appuntamento 2020, uno per tutti il Far East Film Festival di Udine.
Esiste dunque una mappa di sale, festival e cineteche che sono rimasti aperti on line.

L'iniziativa della Cineteca di Milano, che durate la pandemia ha iniziato a distribuire venti titoli settimanali in streaming, ha suscitato un'eco internazionale. "Nel mese di marzo sono state 4 milioni le visualizzazioni, da ben 81 diversi paesi, dal Vietnam al Mozambico", racconta il Direttore Matteo Pavesi.

Affascinante poi l'idea di un festival bolognese anti Covid, dalla realizzazione non certo banale: Cinema da Casa, una rassegna di film proiettati sui palazzi di Bologna. Entrare e uscire dallo schermo come nella "La Rosa purpurea del Cairo" diventa un'esperienza accessibile a tutti… i Bolognesi.

Speriamo che presto si possa vedere pure l'ultimo film di Woody, "Rifkin's festival", bloccato finora non solo dal Coronavirus, ma anche dalla campagna del #MeToo. Negli States non circolerà, anche se Allen ha avuto ragione in tutte le inchieste seguite alle accuse di Mia Farrow nel 1992 e ora riprese dai seguaci del movimento.
In Europa, probabilmente meno narrowminded, l'ultimo film di Woody aprirà in settembre il festival di San Sebastian. Con la penna il grande regista è riuscito a raccontare la verità sulla sua storia, dietro la cinepresa supera, da sempre, la timidezza e le sue "inimmaginabili" fobie, come quella di "oltrepassare la porta di entrata" di un luogo dove c'è molta gente. Come la porta del ristorante tra la Quinta e Madison dove lo ha stoppato, ignara, l'entusiasta italiana.

<<