(NON) UNO DI MENO

Cinema Cenisio di Susa

Facciamo un'eccezione in questa rubrica dedicata alle sale che, pur dovendo affrontare molte difficoltà, sono infine riuscite a digitalizzarsi non interrompendo l'attività o riprendendola dopo un periodo di chiusura. La facciamo per parlare del Cinema Cenisio di Susa, che con i suoi mille posti (in una città di nemmeno 7.000 abitanti) era una delle monosale più grandi del Piemonte. Nata negli anni Trenta per iniziativa della famiglia Contin, che aveva iniziato a proiettare film nel 1918 utilizzando uno spazio che era stato uno stallatico, ha svolto la sua attività di cinema e teatro fino al 2015, quando si è trovata al bivio tra il passaggio al digitale - che sarebbe stato troppo oneroso - e la chiusura. Perché parlarne proprio oggi? Per rivolgere l'ultimo, riconoscente, saluto a Sandro Contin, la persona a cui tanti Valsusini devono il loro amore per il cinema, quello vero: i bei film visti sul grande schermo, insieme con altri, sconosciuti sì, ma accomunati dall'immersione della stessa storia, dalla visione delle stesse immagini che scorrono nel buio. 
Alla scomparsa di Sandro Contin, esercente competente e appassionato di film, sempre presente al cinema, affabile col suo pubblico, il settimanale La Valsusa ha dedicato un ampio articolo che tra i suoi meriti ha quello di rendere vivo ed evidente ciò che gli addetti ai lavori chiamerebbero la valenza sociale della sala cinematografica, il ruolo che essa svolge per l'animazione culturale nel territorio, la sua natura di polo di aggregazione e così via.
Il Cinema Cenisio è stato tutto questo. E senza mai usare una formula inglese - la parola più esotica era cineforum - i Contin hanno costruito un "brand" (probabilmente per mezza Valsusa quello era il cinema Contin), ha  fatto "audience building" (iniziando gli studenti del locale liceo alle opere di Dreyer, Bergman, Visconti, Pasolini ...) e promuovendo "customer loyalty" (al cinema si andava sulla fiducia).  Non si può allora non rimpiangere che il Cenisio/Contin abbia perso la sua battaglia contro il "digital divide".

Per leggere il bell'articolo di Giorgio Brezzo su La Valsusa del 25 giugno 2020, cliccare qui

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