ALL DIFFERENT ALL DIGITAL

La Berlinale e i suoi cinema
di Elisabetta Galeffi

La sensazione di arrivare in una Germania più dolce, con qualche possibile défaillance, è un ricordo del passato.

Berlino ha riguadagnato tutta la sicurezza e la presunzione del suo grande viale Unter den Linden (sotto i tigli), anche se gli alberi non ci sono quasi più. Alberi che nessuno ha pensato di piantare negli anni della forsennata riappropriazione occidentale della metropoli dopo la caduta del muro. Immaginiamo quanto i tigli, lungo lo spaventosamente austero viale, tanto amato dal potere sia nazista sia comunista, avrebbero attutito il ricordo delle parate delle dittature che hanno segnato Berlino, quale centro del loro dispotismo e malvagità. I sei filari voluti dal Grande Elettore Federico I di Brandeburgo alla metà del 1600 - che furono in gran parte abbattutiti dall'architetto del nazismo Albert Speer - avrebbero ostacolato il vento gelido da cui non riesci a proteggerti, se ti trovi a camminare sul Viale in una giornata dell'inverno berlinese. Gelido vento che appare, d'improvviso, emblema della nuova capitale: città ricostruita, resuscitata - definitivamente - al mondo del potere e del business.
I Tedeschi usano un aggettivo - lebendig - per esprimere un concetto simile all'italiano "dolce vita". Beh, Berlino non dà tanto l'idea di essere "lebendig" come una volta ed  è diventato difficile scoprire se ancora mantiene una sua identità specifica.

Gli enormi grattacieli di banche, di grandi catene alberghiere, che adesso popolano tutta la metropoli, non risparmiano neppure luoghi simbolo della città e perfino della sua distruzione durante la guerra. è il caso - all'Ovest - della chiesa detta "Il rossetto e la cipria" per la raffazzonata ricostruzione, con pochi soldi, alla fine della II guerra mondiale, di quanto rimasto: il vecchio campanile - il rossetto - a lato di una chiesa in vetri colorato e cemento completamente ricostruita con un tetto piatto: la scatola della cipria, appunto.
La Berlinale si è adeguata al nuovo clima, l'avveniristico palazzo del Festival di Potsdamer Platz e l'enorme, ma tuttavia insufficiente Martin Gropius Bau, sono ingranaggi a servizio non tanto del cinema, ma dell'evento. Ai non specialisti sembra che i programmi siano incomprensibili, le categorie cinematografiche assurde, l'organizzazione complicatissima. E che la Berlinale abbia perso quell'allegria di festival del cinema per gli spettatori, più intellettuale di altri, con film molto migliori e meno commerciali o politically correct, come era ancora, solo, qualche anno fa.
Non c'erano grandi passerelle di attori, nessun evento mondano o quasi, ma cinema, cinema, cinema e grande entusiasmo del pubblico.
Ricordo quando, alla vecchia sede del Festival,  lo Zoo Palast,  potei assistere, nel 1998, al film di Tarantino "Jackie Brown", seduta sulle scale della sala: non c'era posto, ma avevo il biglietto.

Ora gli spettatori fanno la fila per ore, sotto la pioggia o col vento tagliente (non è Cannes, in primavera) per entrare in sala e qualche volta non ci riescono.  
Infatti, ai non accreditati  i biglietti li vendono, a prezzi considerevoli on-line. Se non li hai trovati puoi sperare che il giorno stesso ti riaprano qualche vendita alla cassa del cinema stesso, per esempio al Cubix.

Sala 5,  9,  8: sono tre (su nove) gli schermi riservati alle proiezioni della Berlinale nel CineStar di Alexanderplatz, il Cubix appunto, che già col nome  rivela la forma della sua struttura.  Ma spesso i "tre Cubix" non sono sufficienti e quindi i biglietti non li trovi. Ed allora, dopo aver tentato la sorte, ti aggiri per i vari piani del cubo, che sono tutti identici l'uno all'altro, con i fast food. Uffa, che noia! Per fortuna resiste ancora qualche Pretzel, il panino incrociato, tipico tedesco.
La cosa buona è che anche oggi resistono alcune grandi sale storiche come il Delphi, lo Zoo Palast e il Friedrichstrasse Theater per citarne alcuni. Qui si hanno più chances di trovare biglietti, anche all'ultimo minuto. Ma il cinematografo dove è più facile entrare è il Kino International sia perché ha una sala immensa, sia perché è in una zona non del tutto inglobata nella Berlino di oggi. E qui tocca cantare l'elogio della più famosa sala della DDR.

<<